31/08/24

La luce segreta. Appunti su Monster (L’innocenza)


È uscito da pochi giorni nelle sale italiane l’ultimo film di Koreeda Hirokazu, Monster, ribattezzato L’innocenza, che era stato presentato lo scorso anno al festival di Cannes, dove aveva vinto il premio per la migliore sceneggiatura (scritta da Sakamoto Yuji). Dopo due film realizzati all’estero (Le verità in Francia e Broker - Le buone stelle in Corea del Sud), Monster segna il ritorno di Koreeda al Giappone e ad alcuni dei temi chiave della sua poetica, come l’infanzia e la famiglia, e lo fa proponendo un’interessante riflessione, che coinvolge anche il mondo della scuola, sulla “mostruosità” di ciò che appare diverso e spesso è soltanto il riflesso di uno sguardo parziale, condizionato da paure o pregiudizi su ciò che non si comprende. Monster è anche l’ultimo film a cui ha lavorato Ryuichi Sakamoto (1952-2023), autore di una memorabile colonna sonora, col quale da molti anni Koreeda sognava di collaborare.

21/07/24

Richiami dalla foresta. Il mio vicino Totoro


Come è nato Totoro? Per prima cosa dobbiamo immaginare un paesaggio di montagna, un prato d’erba dorata e il soffio del vento che annuncia l’arrivo di un personaggio da fiaba. Il signor Gatto Selvatico ha le orecchie appuntite e lo sguardo trasognato, indossa un soprabito giallo, simile ai jinbaori dei samurai, e si erge maestoso su due zampe di fronte a un bambino, mentre ai suoi piedi strillano centinaia di ghiande litigiose.

22/01/24

Hayao Miyazaki. La ferita dell’airone


Un ricordo indelebile dell’infanzia di Miyazaki risale al 19 luglio 1945, quando i bombardamenti raggiunsero la città di Utsunomiya, dove l’anno precedente la sua famiglia si era trasferita da Tokyo in una grande tenuta di campagna vicina all’azienda del padre e dello zio, specializzata nella costruzione di componenti per aerei da guerra. Il regista, che allora era un bambino di quattro anni e mezzo, ricorda il cielo infuocato nel cuore della notte, il piccolo camion aziendale dello zio, sul quale salì assieme ai genitori e al fratello maggiore Arata, le strade circondate dalle fiamme, e infine l’arrivo di un gruppo di persone in cerca di riparo.
«Non ricordo benissimo questo episodio, ma sono certo di avere sentito la voce di una donna che diceva: “Per favore, fateci salire”. Non so se sia un ricordo mio o se l’ho sentito dai miei genitori ma ho come l’impressione di averlo visto. Era una donna con una bambina, qualcuno del quartiere che correva verso di noi dicendo: “Per favore, fateci salire!” Ma il veicolo proseguì. E quella voce si è insediata nella mia testa, come è tipico degli eventi traumatici.» (Susan Napier, MondoMiyazaki, Dynit 2020, p. 31)

01/11/22

Koreeda Hirokazu. Appunti d’autore


In occasione dell’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Koreeda Hirokazu, Broker - Le buone stelle, ho condiviso sul mio profilo Facebook alcuni appunti sulla sua filmografia tratti dal libro Quand je tourne mes films (Atelier akatombo, 2019), inedito in Italia. Ho scelto in particolare sette suoi film, cercando di privilegiare i miei preferiti e di dare spazio ai suoi primi lavori, meno noti in Italia ma molto significativi. Trascrivo gli appunti anche su questa pagina, per chiunque fosse interessato ad approfondire la conoscenza di questo grande regista contemporaneo.

24/10/22

Natività senza famiglia. «Broker» di Koreeda Hirokazu


Una domanda che echeggia più o meno silenziosa in molti film di Koreeda Hirokazu può essere espressa nella sua forma più semplice con queste parole: cos’è una famiglia? In Maborosi (1995), il suo lungometraggio d’esordio tratto da un racconto di Miyamoto Teru, questa domanda inespressa accompagna una giovane madre nei mesi successivi all’inspiegabile suicidio del compagno: è una domanda muta, lontanissima, che col passare del tempo affiora nel flusso dell’impermanenza, legata al mistero della memoria come al progetto di una nuova vita. In Nobody Knows (Nessuno lo sa, 2004), il suo capolavoro liberamente ispirato a un tragico fatto di cronaca, la stessa domanda aleggia su un gruppo di bambini abbandonati dalla madre, che a Tokyo, nella più completa invisibilità, imparano a sopravvivere confidando nella responsabilità del fratello maggiore e nella loro solidarietà fraterna.

23/06/22

Apichatpong Weerasethakul. Sintonie dall’altrove


Joseph ricorda che prima di nascere fluttuava nello spazio attorno alla Terra assieme ad altre persone, lo sguardo rivolto in basso alla superficie del pianeta, in cerca dei suoi futuri genitori. A questa prodigiosa memoria prenatale, negli appunti che lui stesso ha revisionato, si accompagnano ricordi particolareggiati dei primi giorni di vita, cenni su un’adolescenza segnata dal rifiuto di Dio e dalla difficoltà di calmare incessanti flussi di idee, e infine considerazioni sulla riscoperta della fede a seguito di esperienze che gli hanno consentito di maturare una nuova consapevolezza sul proprio passato. Fin da bambino, senza saperlo, Joseph ha cercato nella pratica della meditazione un mezzo per sottrarsi ai vincoli della propria individualità, e in determinate circostanze è arrivato a percepire con straordinaria chiarezza la trama di relazioni che congiunge ogni cosa. All’apice di questo processo, per un breve periodo, è stato in grado di ascoltare ogni conversazione delle persone che aveva attorno, visualizzare il corso delle loro vite fino a quel giorno e interrogare le ragioni che si celano dietro a qualsiasi evento, come una radio capace di sintonizzarsi sulle più impensabili frequenze del reale.

25/11/21

[Un secolo di bambini] L’infanzia al cinema: 1921–1939


Cento anni fa, nel 1921, usciva nelle sale The Kid, il primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, col piccolo Jackie Coogan nel ruolo di un bambino abbandonato dalla madre e allevato da un vagabondo. Il titolo con cui il film venne distribuito in Italia, Il monello, non rende giustizia all’importanza storica e simbolica della pellicola: Jackie Coogan fu soltanto l’ennesimo di una fitta schiera di monelli a comparire sullo schermo, ma la centralità del suo ruolo e la profondità della pellicola fanno pensare al suo personaggio come al primo Bambino della storia del cinema, all’origine della scoperta dell’infanzia come motivo cinematografico complesso («A picture with a smile – and perhaps, a tear» recita la didascalia di apertura).

26/09/21

Folklore digitale. «No Life King» (1989) di Jun Ichikawa


Tra i film sull’infanzia che ho raccolto in “Un secolo di bambini”, No Life King (1989) di Jun Ichikawa è senza dubbio uno dei meno conosciuti e dei più difficilmente reperibili, pur essendo un titolo che intercetta alcune tematiche divenute di anno in anno sempre più attuali. La pellicola, tratta dal romanzo d’esordio di Seikô Itô (No raifu kingu, 1988, ancora inedito sia in inglese che in italiano), narra di alcuni bambini che diventano dipendenti da un videogioco e a poco a poco finiscono per estraniarsi dal mondo reale, tra superstizioni e presagi di morte, mentre gli insegnanti di scuola e i loro genitori sembrano altrettanto alienati dai dispositivi di una società sempre più tecnologica.

01/09/21

[Un secolo di bambini] L’infanzia al cinema: 1940–1959


Cento anni fa, nel 1921, usciva nelle sale The Kid, il primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, col piccolo Jackie Coogan nel ruolo di un bambino abbandonato dalla madre e allevato da un vagabondo. Il titolo con cui il film venne distribuito in Italia, Il monello, non rende giustizia all’importanza storica e simbolica della pellicola: Jackie Coogan fu soltanto l’ennesimo di una fitta schiera di monelli a comparire sullo schermo, ma la centralità del suo ruolo e la profondità della pellicola fanno pensare al suo personaggio come al primo Bambino della storia del cinema, all’origine della scoperta dell’infanzia come motivo cinematografico complesso («A picture with a smile – and perhaps, a tear» recita la didascalia di apertura).

04/06/21

[Un secolo di bambini] L’infanzia al cinema: 1960–1979


Cento anni fa, nel 1921, usciva nelle sale The Kid, il primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, col piccolo Jackie Coogan nel ruolo di un bambino abbandonato dalla madre e allevato da un vagabondo. Il titolo con cui il film venne distribuito in Italia, Il monello, non rende giustizia all’importanza storica e simbolica della pellicola: Jackie Coogan fu soltanto l’ennesimo di una fitta schiera di monelli a comparire sullo schermo, ma la centralità del suo ruolo e la profondità della pellicola fanno pensare al suo personaggio come al primo Bambino della storia del cinema, all’origine della scoperta dell’infanzia come motivo cinematografico complesso («A picture with a smile – and perhaps, a tear» recita la didascalia di apertura).

23/04/21

Le altre vite di Apichatpong Weerasethakul


Memoria di Apichatpong Weerasethakul è sicuramente uno dei film più attesi di prossima uscita, anche a prescindere dal tempo trascorso dal suo ultimo lungometraggio distribuito nelle sale, Cemetery of Splendour (2015). Oltre a essere il suo primo film in lingua inglese, girato in Colombia e non più nella Thailandia rurale delle opere precedenti, Memoria nasce dalla collaborazione di Weerasethakul con Tilda Swinton, amica di lunga data con cui da molti anni il regista sognava di lavorare, e stando alle poche informazioni diffuse sulla trama – che parlano tra le altre cose di una donna scozzese in viaggio, in preda a strane allucinazioni uditive – si annuncia come un nuovo importante tassello della sua già ricchissima filmografia. Nel frattempo, per chi è interessato a scoprire la sua opera o approfondirne la conoscenza, un ottimo punto di partenza è il film che poco più di dieci anni fa l’ha portato al successo internazionale con la Palma d’oro vinta al Festival di Cannes, Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010), disponibile sulla piattaforma RaiPlay.

08/04/21

«Minari» di Lee Isaac Chung. Il linguaggio ritrovato


Il linguaggio non è della lingua, ma del cuore.
La lingua è solo lo strumento con il quale parliamo.
(Paracelso)

Con ben sei candidature agli Oscar 2021 (miglior film, regia e sceneggiatura, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista, migliore colonna sonora), Minari di Lee Isaac Chung si conferma uno dei film più interessanti e chiacchierati di questa travagliata stagione di cinema, e non solo per motivi inerenti all’opera in sé e per sé.

24/03/21

[Un secolo di bambini] L’infanzia al cinema: 1980–1999


Cento anni fa, nel 1921, usciva nelle sale The Kid, il primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, col piccolo Jackie Coogan nel ruolo di un bambino abbandonato dalla madre e allevato da un vagabondo. Il titolo con cui il film venne distribuito in Italia, Il monello, non rende giustizia all’importanza storica e simbolica della pellicola: Jackie Coogan fu soltanto l’ennesimo di una fitta schiera di monelli a comparire sullo schermo, ma la centralità del suo ruolo e la profondità della pellicola fanno pensare al suo personaggio come al primo Bambino della storia del cinema, all’origine della scoperta dell’infanzia come motivo cinematografico complesso («A picture with a smile – and perhaps, a tear» recita la didascalia di apertura).

22/02/21

[Un secolo di bambini] L’infanzia al cinema: 2000–2021


Cento anni fa, nel 1921, usciva nelle sale The Kid, il primo lungometraggio scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin, col piccolo Jackie Coogan nel ruolo di un bambino abbandonato dalla madre e allevato da un vagabondo. Il titolo con cui il film venne distribuito in Italia, Il monello, non rende giustizia all’importanza storica e simbolica della pellicola: Jackie Coogan fu soltanto l’ennesimo di una fitta schiera di monelli a comparire sullo schermo, ma la centralità del suo ruolo e la profondità della pellicola fanno pensare al suo personaggio come al primo Bambino della storia del cinema, all’origine della scoperta dell’infanzia come motivo cinematografico complesso («A picture with a smile – and perhaps, a tear» recita la didascalia di apertura).

12/12/20

Kim Ki-duk. Cattività e bellezza


«Spazio e cattività sono i due temi ricorrenti nella mia opera» osservò in un’intervista Kim Ki-duk. In diversi suoi film, come Soffio (2007) e Il prigioniero coreano (2016), la connessione tra i due temi appare evidente nel motivo di uno spazio chiuso e claustrofobico che diventa per l’uomo una prigione. In altri film, tra cui L’arco (2005) e L’isola (2000) – il suo primo grande successo internazionale –, un’espressione maggiormente metaforica del medesimo legame è fondata sul simbolo dell’acqua e sul suo potere di isolare le persone, trasformandole in monadi. La cella in cui viene rinchiuso il ragazzo di Ferro 3 – La casa vuota (2004), e in generale tutti gli interni del film, ovvero le case che l’innominato protagonista abita nel silenzio, in assenza e all’insaputa dei rispettivi proprietari, esplorano una dimensione di isolamento e prigionia ancora più irreale, nella quale e attraverso la quale lo spazio diviene occasione di passaggio, di scomparsa e di metamorfosi.

16/04/20

Gli amori immaginari di Kim Ki-duk


Lo scorso gennaio, durante la cerimonia dei Golden Globe, Bong Joon-ho ha esortato il pubblico americano a «superare la barriera dei sottotitoli» per scoprire il meglio del cinema straniero, con parole che possono essere lette come un invito a sorpassare una soglia testuale, sede di differenze (e diffidenze) linguistiche ma anche culturali, oltre la quale l’esperienza della visione rivela la sua essenza universale: «I think we use only just one language: the cinema». Sulla rivista britannica Sight and Sound, commentando la scelta di affidare a Bong Joon-ho il ruolo di guest editor del numero di marzo, l’editoriale di Mike Williams richiama proprio questo concetto, e si riferisce al regista coreano come a uno dei «visionari più creativi» del cinema contemporaneo. Bong Joon-ho, dal canto suo, ha compilato una lista di venti registi emergenti intitolata “20/20 Vision”, introdotta da un’affermazione sorprendente: «Già nel vedere il secondo film di Wong Kar-wai, Days of Being Wild (1990), abbiamo forse potuto sognare nelle nostre menti In the Mood for Love (2000)».

05/12/19

L’occhio del figlio, l’immagine del padre


Il termine “metaforico” è ripetuto più volte in Parasite (2019) di Bong Joon-ho, e riporta alla mente l’immagine delle serre bruciate in Burning (2018) di Lee Chang-dong – un altro film coreano ispirato a un racconto di Haruki Murakami –, o quella del misterioso elefante di An Elephant Sitting Still (2018) di Hu Bo. La metafora è una figura di confine tra presenza e assenza, reale e immaginario: deriva almeno in parte da una finzione, ma allude sempre a una particolare verità. In diversi film rappresentativi delle più importanti tradizioni cinematografiche asiatiche degli ultimi decenni – dal nuovo cinema di Hong Kong a quello taiwanese, passando per il Giappone, la Cina e la Corea del Sud –, espedienti come il ricorso a oggetti simbolici o medium iconici sono impiegati con grande coerenza per esprimere gli aspetti più nascosti di certe dinamiche sociali e familiari.

16/09/18

Bagliori fatui. I racconti di Miyamoto Teru


Originariamente pubblicati in un arco di tempo che va dal 1978 al 1988, gli otto racconti contenuti in Bagliori fatui (trad. dal giapponese di Paolo Villani, ed. Carbonio 2017) hanno sancito l’ingresso nelle librerie italiane dell’opera di Miyamoto Teru, autore poco tradotto in Europa ma molto noto in Giappone fin dagli esordi, quando coi primi due romanzi brevi della cosiddetta “trilogia dei fiumi” (Il fiume di fango, 1977; Il fiume delle lucciole, 1977; Il fiume delle luci, 1978) ottenne rispettivamente il premio Osamu Dazai (1977) e il premio Akutagawa (1978), ovvero il più prestigioso riconoscimento letterario nazionale.

23/08/18

Things no one knows. Hirokazu Koreeda’s «Nobody Knows»


[This is a translation of a previous article about Hirokazu Koreeda’s movie Nobody Knows (2004)]

One afternoon, in a moment of pause from the activities of a summer camp, a child proposed me to play a game, telling each other a secret.

“Once,” he whispered to my ear, “I made a map”.

26/03/18

Cose che nessuno sa. «Nobody Knows» di Hirokazu Koreeda


Tempo fa mi è stato proposto di scrivere un articolo per Effemeridi, la nuova rivista digitale e cartacea di Inutile concepita come un “atlante dei primi anni 2000”, dove ogni numero va a comporre assieme agli altri un mosaico ideale di ricordi, suggestioni ed eventi legati al primo decennio del nuovo secolo. La mia scelta è ricaduta sull’anno 2004 e su un film a cui sono molto affezionato, Nobody Knows di Hirokazu Koreeda, uscito per l’appunto in quell’anno e ispirato a un tristissimo fatto di cronaca avvenuto a Tokyo nel 1988, quando una madre abbandonò i suoi cinque bambini in un appartamento.