30/06/23
Antonio Faeti. Nel castello delle belle avvelenate
Durante la prima presentazione online della collana “Babalibri Educazioni”, lo scorso autunno, i curatori Francesco Cappa e Martino Negri hanno illustrato i caratteri di un interessante progetto di recupero e riscoperta di testi che rappresentano delle pietre miliari della saggistica pedagogica, da molti anni irreperibili nelle librerie perché fuori catalogo, ai quali poter affiancare nel prossimo futuro altre proposte di titoli inediti. Due storiche collane di Emme Edizioni come “Il Puntoemme” (1971-1985) e “L’asino d’oro” (1979-1988), dedicate rispettivamente ai mondi della scuola e della letteratura infantile, sono il principale riferimento genealogico di questo progetto, che riallacciandosi a un’epoca di grande fermento culturale mira a stimolare nuove occasioni di riflessione sull’infanzia e sulle pratiche educative.
09/01/23
Mattatoio n.5: Vonnegut a fumetti
In un discorso tenuto nel 2019, per il cinquantesimo anniversario di Mattatoio n.5 (1969), Salman Rushdie accostò il romanzo di Kurt Vonnegut a Catch-22 (1961) di Joseph Heller, ed entrambi alla guerra in Vietnam. Due romanzi che descrivevano gli orrori della seconda guerra mondiale, ricordò infatti, attrassero a quel tempo un pubblico di lettori che seguivano con enorme preoccupazione lo svolgersi dell’ennesima escalation di violenza. Entrambi i romanzi vennero letti anche in relazione a tale conflitto, e in essi il racconto della guerra passata si rendeva comunicabile e sovrapponibile al presente grazie alla maschera della commedia: da un lato la follia farsesca di Heller, che Rushdie paragona a Charlie Chaplin; dall’altro l’umorismo nero di Vonnegut, più simile nel suo tono malinconico a un Buster Keaton. Ma ciò che davvero accomuna i due libri, afferma Rushdie, è la rappresentazione di un mondo «che ha perso la testa, nel quale i bambini sono mandati a fare il lavoro degli uomini e a morire».
26/11/22
Un omaggio a Charles M. Schulz: Replica van Pelt
A prima vista questo bimbo sembrerebbe una specie di Linus in miniatura, una copia del suo fratello maggiore, o meglio una Replica (Rerun), come l’ha chiamato delusa Lucy, desiderosa di una sorellina, nell’anno della sua nascita (1972). In mancanza di un nome proprio porterà sempre questo nomignolo, spesso tra virgolette, perché «tutti mi chiamano così», e per più di due decenni sarà solo una rara comparsa, nonché un personaggio che il suo stesso creatore, incerto sul ruolo da attribuirgli, finì per ritenere uno sbaglio – almeno finché il tempo non lo ricompensò con uno splendido riscatto.
10/04/20
Non sapere mai la verità. «One night» di Yoshiharu Tsuge
Una delle operazioni più meritevoli che interessano il mercato fumettistico italiano contemporaneo è la riscoperta di opere che in passato, per svariati motivi, non hanno ricevuto l’attenzione che meritavano. Nel caso del manga, questo fenomeno ha portato alla pubblicazione dell’intera (o di buona parte della) produzione di autori di genere – come ad esempio Kazuo Umezu e Junji Ito, due maestri dell’horror fino a poco tempo fa inediti in Italia –, ma anche alla diffusione di fumettisti dall’identità autoriale più difficilmente inquadrabile in categorie specifiche, salvo per la comune appartenenza a quella corrente rivoluzionaria che risponde al nome di gekiga (letteralmente “immagini drammatiche”, ma con una ricercata omofonia con geki, ovvero “violento, d’azione”).
20/02/20
Il risveglio del robot. «Io sono Shingo» di Kazuo Umezu
[L’articolo è stato originariamente pubblicato su Fumettologica il 6/2/2020.]
Il primo amore di Atom, il robot bambino noto in Occidente come Astro Boy, è una bambina robot a lui molto simile, ma che è stata costruita per contenere all’interno del suo corpo una bomba. La loro storia è raccontata nell’ultima puntata della seconda serie animata (Astro’s First Love, 1981), e termina con un epilogo non altrettanto sconvolgente di quello della prima serie (dove Atom sacrificava la vita volando verso la superficie incandescente del Sole), ma più malinconico. Dopo aver assistito agli ultimi momenti di vita di Niki, smantellata per disinnescare la bomba, Atom è consapevole che non sarà in alcun modo possibile ricostruirla, e chiede allora a Ochanomizu di effettuare una curiosa operazione per tenere in vita ciò che è rimasto della bambina, ovvero le sue gambe, innestandole nel proprio corpo al posto di quelle originarie.