29/03/23

Il profeta, il maestro e il giardiniere


«Mi ricordai di quel profeta dallo sguardo duro e per giunta guercio. Un giorno mi venne a trovare fremente di sdegno. Uno sdegno sinistro:
– Occorre sterminarli – mi disse.
Io capii che aveva il gusto della perfezione, poiché solo la morte è perfetta.
– Essi peccano – disse.
Io tacevo. Vedevo dinanzi a me quell’anima temprata come una spada. Ma pensavo: – Costui esiste contro il male. Non esiste se non attraverso il male. Che cosa sarebbe dunque senza il male?
– Che cosa desideri per essere felice? – gli chiesi.
– Il trionfo del bene.
Mi rendevo conto che egli mentiva, poiché chiamava felicità il lasciare arrugginire la propria spada senza usarla.»

Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella (1948), Aga 2017, p. 306

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«Perciò ho fatto venire gli educatori e ho detto loro: – Voi non siete incaricati di uccidere l’uomo nei suoi figli, né di trasformarli in formiche per la vita del formicaio. Perché a me poco importa che l’uomo sia più o meno ricco. M’importa che sia più o meno uomo. Non chiedo innanzi tutto se l’uomo sarà o non sarà felice, ma quale uomo sarà felice. Non m’importa dell’opulenza dei sedentari pasciuti come il bestiame nella stalla.
Non dovete riempirli di concetti vuoti, ma di immagini che contengano delle strutture.
Non dovete imbottirli anzitutto di cognizioni inutili, ma forgiare loro uno stile affinché possano cogliere l’essenza delle cose.
Non dovete giudicare le loro attitudini soltanto dall’apparente facilità che dimostrano in questa o in quella direzione. Perché chi ha lottato di più contro se stesso va più lontano e riesce meglio. Dovete perciò tener conto innanzi tutto dell’amore.
Non dovete insistere sull’uso dei beni materiali, ma sulla creazione dell’uomo affinché egli pialli la sua tavola nella fedeltà e nell’onore, e così la pialli meglio.
Insegnerete il rispetto, poiché l’ironia è degna dello sciocco ed è dimenticanza di ogni contegno.
Lotterete contro i legami dell’uomo con i beni materiali e fonderete l’uomo nel bambino insegnandogli innanzi tutto lo scambio, poiché senza lo scambio vi è soltanto aridità.
Insegnerete la meditazione e la preghiera perché è nella meditazione e nella preghiera che l’anima diviene vasta. E insegnerete l’esercizio dell’amore, poiché chi lo potrebbe sostituire? L’amore di se stesso è il contrario dell’amore.»

Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella (1948), Aga 2017, p. 123

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«La nostalgia, è il desiderio di non si sa cosa. Esiste, l’oggetto di quel desiderio, ma non ci sono parole per dirlo.
E a noi, cos’è che manca a noi?
Quali sono dunque gli spazi che domandiamo ci vengano aperti? Noi cerchiamo di affrancarci dai muri di una prigione che intorno a noi si addensa. Si credeva che, per farci diventare grandi, bastasse vestirci, nutrirci, rispondere a tutti i nostri bisogni. E si è fondato in noi poco a poco il piccolo-borghese di Courteline, il politico di paese, il tecnico chiuso a qualunque vita interiore. – Ci istruiscono – mi risponderete –, ci illuminano, ci arricchiscono meglio di un tempo con le conquiste della nostra ragione –. Ma si fabbrica un’idea scadente della cultura dello spirito, chi abbia la convinzione che essa si appoggia sulla conoscenza di formule, sulla memoria di risultati acquisiti. Il mediocre studentello fresco di diploma del Politecnico la sa più lunga, sulla natura e le sue leggi, che Cartesio, Pascal e Newton. E resta però incapace di quei progressi d’ingegno di cui furono capaci Cartesio, Pascal e Newton. Questi vennero prima di tutto coltivati. Pascal, prima di tutto il resto, è uno stile. Newton, prima di tutto, è un uomo. Egli si è fatto specchio dell’universo. La mela matura che cade in un prato, le stelle delle notti di luglio, egli le ha udite parlare lo stesso linguaggio. La scienza, per lui, era la vita.
Ed eccoci a scoprire con sorpresa che sono condizioni misteriose a renderci fertili. Legati agli altri da un obiettivo comune, e che si pone al di fuori di noi, solamente allora noi respiriamo. Noi, i figli di un’età agiata, proviamo un inesplicabile benessere nel condividere i nostri ultimi viveri nel deserto. A tutti quelli fra noi che hanno conosciuto la grande gioia dei soccorsi sahariani, ogni altro piacere è sembrato futile.»

Antoine de Saint-Exupéry, “La pace o la guerra?” (1938), in La frontiera interiore, Medusa 2015, pp. 147-8

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«Siccome giudico felice quel giardiniere che comunicava col suo amico mi viene talvolta il desiderio di legarmi in tal modo, secondo il loro dio, ai giardinieri del mio impero. E mi accade di scendere a passi lenti, un po’ prima dell’alba, gli scalini del mio palazzo verso il giardino. Mi dirigo verso i roseti. Osservo qua e là, e mi chino premurosamente su qualche stelo, io che a mezzogiorno deciderò del perdono o della morte, della pace o della guerra, della sopravvivenza o della distruzione degli imperi. Poi, rialzandomi con uno sforzo poiché divento vecchio, dico semplicemente dentro il mio cuore a tutti i giardinieri vivi e morti, al fine di entrare in contatto con loro attraverso l’unica via efficace: – Anch’io questa mattina ho potato i miei roseti –. E non me ne importa che tale messaggio viaggi o no per anni e anni, che pervenga o no al tale o al talaltro. Non è questa la sostanza del messaggio. Per entrare in contatto con i miei giardinieri ho semplicemente salutato la loro divinità, un roseto allo spuntar del giorno.
Signore, così è per il mio nemico prediletto che non raggiungerò se non al di là di me stesso. E la stessa cosa dicasi di lui, poiché egli mi rassomiglia. Dunque io rendo giustizia in base alla mia saggezza. Lui rende giustizia in base alla sua saggezza. Esse sembrano contrastanti, e se si fronteggiano alimentano le nostre guerre. Ma lui ed io, per opposte vie, seguiamo con le palme delle mani le linee di forza dello stesso fuoco. In te solo, Signore, queste vie si ricongiungono.»

Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella (1948), Aga 2017, pp. 536-7

Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944)

[Illustrazione di Peter Sís, dal libro Il Pilota e il Piccolo Principe]