24/10/22

Natività senza famiglia. «Broker» di Koreeda Hirokazu


Una domanda che echeggia più o meno silenziosa in molti film di Koreeda Hirokazu può essere espressa nella sua forma più semplice con queste parole: cos’è una famiglia? In Maborosi (1995), il suo lungometraggio d’esordio tratto da un racconto di Miyamoto Teru, questa domanda inespressa accompagna una giovane madre nei mesi successivi all’inspiegabile suicidio del compagno: è una domanda muta, lontanissima, che col passare del tempo affiora nel flusso dell’impermanenza, legata al mistero della memoria come al progetto di una nuova vita. In Nobody Knows (Nessuno lo sa, 2004), il suo capolavoro liberamente ispirato a un tragico fatto di cronaca, la stessa domanda aleggia su un gruppo di bambini abbandonati dalla madre, che a Tokyo, nella più completa invisibilità, imparano a sopravvivere confidando nella responsabilità del fratello maggiore e nella loro solidarietà fraterna.

Koreeda si è confrontato con questo interrogativo anche in densi intrecci famigliari e generazionali dalla dichiarata ispirazione autobiografica, come Still Walking (2008) e After the Storm (Ritratto di famiglia con tempesta, 2016), e in delicate storie di formazione che attingono alle speranze della fanciullezza e dell’adolescenza per riflettere visioni di famiglie separate o poco convenzionali, come I Wish (2011) e Little Sister (2015). In ognuno di questi film la domanda sulla natura della famiglia non sollecita risposte univoche, ma rimane piuttosto sospesa per lo spettatore che osserva famiglie di bambini senza adulti, famiglie di fratelli o sorelle uniti nelle loro differenze, famiglie di relazioni costruite sull’assenza, o nonostante la distanza e le incomprensioni, fragili ma durevoli per la cura reciproca di cui sono intessute.

Un’ulteriore domanda, più specifica ma non meno complessa, che possiamo forse considerare un’appendice della prima, risuona invece con maggiore insistenza in alcuni dei suoi lungometraggi più recenti: cosa significa essere genitori? O meglio: come matura questo sentimento, non necessariamente conseguente alla nascita di un figlio? E quali cambiamenti suscita nelle persone coinvolte? In Father and Son (2013), la vicenda di due famiglie che scoprono di aver scambiato anni prima i loro primogeniti in ospedale interroga il modo in cui i legami del tempo e dell’affetto possono essere più forti di quelli del sangue. Una riflessione ancora più radicale, in Shoplifters (Un affare di famiglia, 2018), è incentrata su una famiglia che vive di furti e di espedienti ai margini della società, senza alcun legame di parentela tra i suoi membri, e che un giorno rapisce una bambina per sottrarla agli abusi della madre.

Shoplifters (2018)

Broker (2022)

Pare che Koreeda abbia iniziato circa dieci anni fa a raccogliere le idee per quello che sarebbe diventato il suo primo film coreano, Broker (Le buone stelle, 2022), quando per Father and Son si interessò al tema dell’adozione e scoprì che il tasso di utilizzo di baby box in cui lasciare i figli indesiderati era ben più alto nella Corea del Sud che in Giappone, nonostante il servizio fosse in entrambi i Paesi oggetto di critiche e controversie. Oltre a questo spunto, altri motivi come l’idea di una famiglia priva di legami biologici e la riflessione sul crimine e sulle contraddizioni della società connettono in modo esplicito Broker a Shoplifters, a partire da un titolo che in entrambi i casi evidenzia l’aspetto più antisociale dei personaggi protagonisti. «Non volevo che nel titolo comparisse la parola “famiglia”» scrisse a proposito di Shoplifters nel libro Quand je tourne mes films (Atelier akatambo 2019). «Avrebbe subito richiamato alla mente il genere del dramma famigliare, e non era di questo che si trattava.»

Shoplifters significa taccheggiatori, e come nota Koreeda può avere una duplice accezione rispetto ai giovani protagonisti: una famiglia in cui anche i bambini sono ladri, oppure dei bambini che rappresentano il bottino più prezioso di una famiglia di ladri. Broker è invece l’intermediario che in cambio di una commissione mette in relazione clienti e venditori, e nel film identifica anzitutto due uomini dediti al traffico di bambini abbandonati: Sang-hyeon, proprietario di una lavanderia (interpretato da Song Kang-ho, migliore attore al Festival di Cannes 2022), e il suo complice Dong-soo, volontario in una chiesa che offre il servizio di baby box (Gang Dong-won). Quando all’inizio del film una giovanissima madre dal nome parlante So-young (Lee Ji-eun) lascia il suo bambino assieme a un biglietto senza alcuna indicazione di contatto, i due si apprestano a cancellare i video del sistema di sorveglianza e a pianificare l’ennesimo affare redditizio, ma non sanno di essere pedinati da una coppia di investigatrici, né che la madre sarebbe tornata di lì a breve a chiedere notizie di suo figlio, costringendoli a portarla con loro nei successivi viaggi di città in città, finalizzati alla ricerca della coppia a cui affidare il bambino.

L’inizio di Broker definisce una situazione ancora più estrema del drammatico sdoppiamento di Father and Son e dell’invisibile marginalità di Shoplifters, rispetto alla quale le domande sulla natura della famiglia e sullo sviluppo di un senso di genitorialità parrebbero completamente destituite di senso. In una sequenza notturna che riporta alla mente la tempesta di Parasite e la sua topografia urbana scissa tra alto e basso, l’abbandono del bambino, così simile a un sacrificio, è la scena primaria di un’eclisse della famiglia che si consuma nel più desolante vuoto sociale, in un contesto in cui perfino gli istituti di assistenza sono teatro di dinamiche opportunistiche. Koreeda ha rivelato che la primissima intuizione di Broker è stata l’immagine di Song Kang-ho in abiti da finto prete che prende un bimbo da una baby box, gli sorride dolcemente mentre gli promette che insieme saranno felici, e l’indomani lo vende. Un’immagine di doppiezza e ipocrisia, ma anche un’intuizione umoristica che invita a non prendere troppo sul serio l’apparenza, le maschere e le contraddizioni della vita, perfetta per un attore in grado di conciliare profondità e leggerezza in ogni sua interpretazione.


Broker (2022)

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