11/04/19

Il volto e le metamorfosi. Kōbō Abe e Tetsuya Ishida


I quasi duecento dipinti che ci ha lasciato Tetsuya Ishida, pittore giapponese morto nel 2005 a soli 31 anni, ritraggono persone che hanno in comune lo stesso identico volto. Il modello originario e di gran lunga più ricorrente è un giovane uomo o ragazzo dai capelli corti, l’espressione malinconica e lo sguardo trasognato, ma i soggetti raffigurati includono anche altri uomini, donne, anziani e bambini che condividono le medesime caratteristiche. «All’inizio era un autoritratto» annotava nel 1999 Ishida sul suo taccuino. «Volevo provare a fare di me stesso – del mio sé debole, patetico e ansioso – qualcosa di buffo, di cui si potesse ridere. […] Allargai poi la prospettiva ai consumatori, agli abitanti della città, ai lavoratori e a tutti i giapponesi.»

06/09/18

Lyonel Feininger e il ritorno dei Kin-der-Kids


[L’articolo è stato originariamente pubblicato su Fumettologica il 17/8/2018.]

Gli albori del fumetto pullulano di autentici tesori dimenticati, frutto del talento visionario di singoli autori e di occasioni eccezionali, perlopiù di breve durata, nelle quali il medium ha saputo travalicare i consueti binari espressivi in senso davvero rivoluzionario. Agli occhi dello storico queste occasioni somigliano talvolta a vertiginose scorciatoie spazio-temporali, come i pochi mesi di vita del Naughty Pete (1913) di Charles Forbell, del quale a un secolo di distanza, riconoscendone l’influenza sul proprio lavoro, Chris Ware disse che “giocò coi fumetti più di quanto molti fumettisti fanno in un’intera vita”. Altre volte sono invece sentieri secondari nascosti, eccentrici e irripetibili, come la brevissima serie nonsense esoterica The Wiggle Much (1910) di Herbert E. Crowley, artista britannico dal gusto simbolista tipicamente europeo.

26/12/16

Fiaba e archetipi dell’immaginario da «Ico» a «The Last Guardian»


[Spoiler alert: il lettore che non abbia concluso The Last Guardian e non voglia conoscerne il finale è invitato a non leggere la seconda parte dell’articolo, L’immaginario iniziatico in «The Last Guardian».]

Negli anni Duemila il Team Ico diretto da Fumito Ueda sviluppò due videogiochi di avventura – Ico (2001) e Shadow of the Colossus (2005) – che innovarono l’immaginario del genere e ne ampliarono le possibilità espressive in modi per certi versi impensabili prima di allora. I più attenti critici hanno osservato che l’esperienza offerta da questi giochi non è riducibile all’ambito ludico, ma è comparabile a quella di un’opera d’arte; chiunque, sperimentandone l’atmosfera rarefatta e solitaria nell’esplorare castelli e rovine immensi, deserti e meravigliosi, nei panni di un bambino (Ico) e di un giovane eroe a cavallo (SoC), vi ha riconosciuto il carattere poetico e fiabesco di una storia senza età.

29/04/16

Herbert E. Crowley. Il visionario dimenticato


Nel novero degli artisti figurativi più geniali, eccentrici e visionari del XX secolo, una delle figure più enigmatiche e sfuggenti è senz’altro quella di Herbert Edmund Crowley (1873-1937), pittore e illustratore britannico oggi noto solo ad un numero molto limitato di estimatori. Il nome di Crowley, per gli studiosi odierni, è legato in particolare a The Wiggle Much, una serie di tavole illustrate accompagnate da didascalie che nel 1910 fu pubblicata per tre mesi (dal 20 marzo al 19 giugno) sulle pagine domenicali del New York Herald, distinguendosi come uno degli esiti più singolari della platinum age del fumetto a strisce statunitense.

20/07/15

«Il mito del Paese di Cuccagna». Una mostra a Milano


Dal 9 luglio all’11 ottobre 2015
Sala Viscontea del Castello Sforzesco, Piazza Castello, Milano

Sviluppatosi in epoca medievale come sogno di evasione condiviso dai ceti subalterni, il mito del Paese di Cuccagna – “una versione plebea dell’aristocratica età dell’oro,” come scrisse Piero Camporesi – si fonda sulla fantasia di un luogo dove vigono in eterno l’abbondanza di cibo, l’ozio, la libertà e il piacere dei sensi, nell’ottica di un mondo alla rovescia che non ammette gerarchie e dove i vizi sanzionati dalla cultura “ufficiale” diventano virtù.