11/04/19

Il volto e le metamorfosi. Kōbō Abe e Tetsuya Ishida


I quasi duecento dipinti che ci ha lasciato Tetsuya Ishida, pittore giapponese morto nel 2005 a soli 31 anni, ritraggono persone che hanno in comune lo stesso identico volto. Il modello originario e di gran lunga più ricorrente è un giovane uomo o ragazzo dai capelli corti, l’espressione malinconica e lo sguardo trasognato, ma i soggetti raffigurati includono anche altri uomini, donne, anziani e bambini che condividono le medesime caratteristiche. «All’inizio era un autoritratto» annotava nel 1999 Ishida sul suo taccuino. «Volevo provare a fare di me stesso – del mio sé debole, patetico e ansioso – qualcosa di buffo, di cui si potesse ridere. […] Allargai poi la prospettiva ai consumatori, agli abitanti della città, ai lavoratori e a tutti i giapponesi.»

Come indica il nome Komon, il protagonista di un racconto di Kōbō Abe intitolato “Dendrocacalia” (1950) è l’uomo comune, o in altre parole un personaggio privo di una reale individualità, nel quale si riflettono i problemi e le contraddizioni di un intero corpo sociale. È esattamente come il sasso sul ciglio della strada che lui stesso calcia all’inizio della storia – «un sasso qualsiasi, insignificante» –, sperimentando poi la prima premonizione degli avvenimenti successivi: «Un comportamento del tutto naturale gli parve, d’un tratto, bizzarro». Il dettaglio chiarifica un modo di procedere tipico dell’opera di Abe, ed è presente in una delle storie che meglio denotano il suo talento nella descrizione iper-realistica di situazioni surreali, a cominciare dalla memorabile trasformazione in pianta in cui culmina la vicenda del protagonista.
Diversi tubi strisciavano lungo la serra dividendola in comparti. Komon venne condotto in un angolo; il direttore e il giardiniere lo presero di peso da entrambi i lati e lo piantarono in un grande vaso. Non aveva più la forza di opporre resistenza. Intanto iniziava ad albeggiare. L’umidità si accumulava pesante sui vetri, il vapore colava gocciolando come cera. Dietro di lui stava prostrata una rara pianta tropicale che frusciava come un ventilatore ad ogni suo movimento.
«È pronto signor Dendrocacalia?»
Komon annuì con un debole cenno del capo.
Chiuse gli occhi e alzò le mani, acquietato, verso il sole non ancora sorto.
Poi scomparve e al suo posto rimase un albero non bello, con le foglie simili ai petali di un crisantemo.
«Me la aspettavo più bella, non è un granché!», pensò il nuovo giardiniere.

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Tetsuya Ishida, Awakening (1998)

Tetsuya Ishida, Recalled (1998)