16/05/18

Un progresso tutto da ridere: le «Grandes Inventions» di G. Ri


Un filone umoristico molto fecondo nell’immaginario popolare del ‘900, e che soprattutto durante la prima metà del secolo ha ispirato un gran numero di fumetti, cartoni animati e film, è quello delle invenzioni bizzarre. Le figure caratteristiche di questo filone sono macchine, marchingegni o dispositivi alla cui stravaganza corrisponde una funzione semplice e perlopiù futile, o che comunque nessuno si sognerebbe di affidare a un apposito congegno. Spesso l’invenzione si fonda su un complicato effetto domino, e consta dunque di una catena di cause e conseguenze talmente astrusa da porsi come parodia dell’efficacia propria di qualsiasi innovazione tecnica.

Per identificare queste invenzioni si fa spesso ricorso all’espressione “Rube Goldberg machines”, dal nome dell’illustratore e fumettista americano considerato l’interprete più importante del filone. “Una macchina di Rube Goldberg”, spiega la pagina Wikipedia, “è un meccanismo progettato in maniera deliberatamente complessa per eseguire operazioni semplici o trascurabili”, ma l’espressione è usata negli Stati Uniti anche per indicare azioni reali “che impiegano una quantità di risorse sproporzionata rispetto al risultato da conseguire”. Espressioni del tutto analoghe si sono sviluppate in altri paesi, a cominciare dal Regno Unito e dalla Danimarca (nel primo caso l’associazione è con l’illustratore inglese Heath Robinson, nel secondo con Robert Storm Petersen, più comunemente noto come Storm P.), e testimoniano non solo dell’ampia diffusione di un medesimo motivo comico, ma anche della difficoltà di definire le sue origini in rapporto a un singolo autore.

Lo stesso Rube Goldberg, la cui invenzione più antica risale al 1912, non è stato certo il primo fumettista a sfruttare le potenzialità comiche dell’immaginario tecnologico, e difatti già a partire dal 1900 lo stesso motivo delle macchine bizzarre era stato sviluppato in sequenze narrative da un altro disegnatore statunitense, Frank Crane, nella serie Willie Westinghouse Edison Smith. La linea cronologica retrocede poi ulteriormente se si considera anche il mondo dei periodici umoristici e satirici della seconda metà dell’800, per non parlare delle stampe ancora precedenti. Una tappa imprescindibile per chi volesse indagare le origini e gli sviluppi di questo immaginario è costituita ad esempio dall’ambiente editoriale francese a cavallo tra ‘800 e ‘900, e in particolare dal suo ampio ventaglio di giornali illustrati.

L'Illustré National, 12/8/1900

L’autore che forse più di ogni altro, nella Francia dell’epoca, anticipò il genio umoristico di Rube Goldberg, risponde all’enigmatico nome di G. Ri, pseudonimo di Victor Mousselet. Sulla sua vita si sono tramandate pochissime notizie, tanto che fino a poco tempo fa erano ignoti perfino gli estremi della nascita e della morte (Nantes 1853–Parigi 1940); della sua carriera si sa invece che nel 1894 cominciò a lavorare per il giornale umoristico La Caricature, e che negli anni seguenti collaborò molto attivamente con diversi altri periodici come Le Pêle-Mêle, Le Rire, Le Bon Vivant, L’Illustré National, Les Belles Images e L’Album Comique de la Famille, realizzando numerose illustrazioni e storie a vignette con didascalie.

La produzione di G. Ri si può grosso modo dividere in due generi, cui corrispondono con buona approssimazione altrettante fasi della sua carriera: da un lato le vignette e le tavole di ispirazione umoristica, che segnarono i suoi esordi sui periodici illustrati più importanti dell’epoca; dall’altro le storie a vignette fantastiche e proto-fantascientifiche realizzate nei primi due decenni del ‘900, tre delle quali, ristampate di recente nel volume Dans l’infini et autres histoires (2017), stanno contribuendo alla riscoperta dell’autore come precursore della fantascienza a fumetti. In non poche occasioni G. Ri seppe comunque coniugare la vena umoristica con quella fantastica, e l’esempio più lampante è fornito proprio dalle sue innumerevoli vignette dedicate a macchine e invenzioni bizzarre. 

Le Pêle-Mêle, 18/12/1898

Nella Francia a cavallo tra i due secoli, sedotta dalle réclame pubblicitarie dell’ultimo fonografo targato Pathé e dai preparativi per la costosissima Exposition Universelle che Parigi avrebbe ospitato nel 1900, si respirava un clima febbrile di novità e di attese proiettate verso il futuro, tanto che un motivo ricorrente nell’immaginario popolare dell’epoca riguardava l’aspetto che avrebbe avuto il mondo, trasfigurato dal progresso, nell’anno 2000Il tema si offriva certo a una visione futurologica, ovvero al tentativo di immaginare la vita a venire, ma il più delle volte, mostrando le ripercussioni della tecnologia sulla vita quotidiana delle persone, si animava di un’irresistibile vena umoristica e satirica. Un caso esemplare è la trilogia di romanzi futuristici scritti e illustrati da Albert Robida (Le Vingtième Siècle, 1883; La Guerre au Vingtième Siècle, 1887; Le Vingtième Siècle. La Vie Électrique, 1890), pubblicata negli stessi anni in cui l’autore fu direttore della rivista La Caricature, dove si ritrovano i più antichi disegni conosciuti a firma G. Ri.

Dotato di un tratto pulitissimo, incisivo come pochi e immediatamente riconoscibile, sul finire del secolo G. Ri cominciò a farsi notare come illustratore di invenzioni assurde, moltiplicando nel giro di pochi anni le sue collaborazioni con le più note testate umoristiche, a fianco di artisti come lo stesso Albert Robida, Émile Cohl e Benjamin Rabier. La sua prima creazione di questo tipo per la rivista Pêle-Mêle – una vettura che si muove grazie alla corsa di un cagnolino e di uno scoiattolo all’interno delle sue ruote – risale al 4 aprile 1897, e fu la seconda in ordine di comparsa nella serie Les Inventions du Pêle-Mêle*, che sarebbe diventata, se non la più celebre del genere (cosa piuttosto difficile a stabilirsi), senz’altro la più longeva nella Francia dell’epoca, avendo avuto termine solo nel 1929, a un anno dalla chiusura definitiva della rivista.

Le Pêle-Mêle, 4/4/1897

In questa prima tavola, oltre alla netta prevalenza dell’elemento umoristico su quello futurologico, si evidenzia già un tratto peculiare della fantasia di G. Ri che sarebbe stato proprio anche di Rube Goldberg, ovvero la rappresentazione di una tecnologia ibrida fatta di meccanismi ma anche di animali, qui utilizzati come forza motrice dell’improbabile vettura. Altre invenzioni si nutrono di idee non meno curiose: una donna ha trovato il modo per tagliuzzare la verdura, macinare il caffè e tenersi in esercizio grazie a una macchina a pedali chiamata “allenatore automatico”; una famiglia ha messo a punto un sistema di docce che le consente di rinfrescarsi durante i pasti; una mamma ha ideato una culla che oscilla da sola, perché collegata al pendolo di un orologio; un uomo utilizza un cavallino a dondolo per facilitare la vendemmia; un altro uomo ha scoperto come essere sicuro di spegnere la candela sul comodino nell’esatto momento in cui si addormenta, semplicemente tenendo in bocca una cordicella.

All’appariscente futurologia delle invenzioni colossali e delle macchine volanti, vero e proprio topos del filone proto-fantascientifico, G. Ri sostituisce insomma le suggestioni di una fantasia tecnica ben più modesta e concreta, legata all’agire quotidiano e ai piccoli problemi della vita dell’uomo comune, che vanno dalla sveglia mattutina alla cura dei bambini, del proprio aspetto fisico e della salute. L’effetto comico della serie nasce in primo luogo da questo processo di abbassamento alla materialità di un concetto così legato alla sfera dell’ideale, quale per l’appunto quello dell’invenzione e del progresso, ma non può fare a meno di un’altra componente essenziale.

“Non vi è comicità al di fuori di ciò che è propriamente umano”, scrisse Bergson in Le rire (1900), traducendo a parole la stessa intuizione che aveva portato G. Ri ad associare ogni sua macchina con una o più figure umane, delle quali colpisce l’assoluta centralità all’interno di ogni vignetta. Nessuna invenzione sostituisce l’agire dell’uomo al punto da soppiantarlo, e tutte quante sono poste al suo servizio in modo perlopiù discreto e silenzioso. Sempre seguendo Bergson, laddove osserva che i movimenti del corpo umano sono tanto più ridicoli quanto più fanno pensare a un meccanismo e che “ridiamo tutte le volte che una persona ci dà l’impressione di una cosa”, è facile notare come sia proprio l’uomo, e non la macchina, il vero protagonista di ogni scena rappresentata. G. Ri ama infatti mostrare i suoi personaggi intenti a compiere gesti ripetitivi, come pedalare o dondolare, oppure immobili, amplificando un’impressione di rigidità del corpo umano cui contribuisce anche il tratto chirurgico dei disegni. Dal canto suo, la funzione della macchina non è certo accessoria o esornativa, perché l’effetto comico è ottenuto proprio mediante la presenza di un’invenzione che costringe l’uomo a somigliare a un burattino o a una cosa inanimata. 

L'Illustré National, 20/1/1901

Altrettanto degno di nota è il sorriso che in ogni vignetta si irradia dal volto dell’uomo, della donna e del bambino di turno, a suggellare quella che appare come una soddisfazione impossibile da trattenere o addirittura uno stato d’animo permanente. Alla vista di queste espressioni vagamente grottesche, così simili l’una all’altra da sembrare tante repliche di un unico sorriso, affiora il sospetto che si tratti di maschere, o che traducendo per immagini il proverbio secondo cui “il riso abbonda sulla bocca degli stolti” G. Ri abbia voluto raffigurare un atteggiamento mondano tipico dei suoi tempi, e dunque descrivere il presente che aveva attorno più che immaginare un assurdo futuro.

Si potrebbe qui chiamare in causa ancora una volta Bergson e le pagine che ha dedicato alla vanità come disposizione di carattere comica per eccellenza, oppure fare riferimento a una delle tante trovate assurde raccolte da Gaston de Pawlowski nell’opera che della serie di G. Ri sembra il doppio letterario, Inventions nouvelles et dernières nouveautés (1916), “un’invenzione utile e malinconica che avrà, ne possiamo essere certi, parecchio successo nell’attuale società. Si tratta del falso sorriso, particolarmente indicato per gli industriali e i commercianti che, nonostante il duro lavoro, arrivano difficilmente a soddisfare le esigenze di lusso della donna che amano, desiderando tuttavia nasconderle le fatiche e le ansie”. 
Lo stesso G. Ri, il cui pseudonimo sta per “J’ai ri”, ovvero “Ho riso”, non poteva certo sottrarsi al gioco delle parti, e in una vignetta si ritrasse così nel suo studio tappezzato di volti sorridenti, seduto in una “gabbia per caricaturisti” riempita di gas esilarante, intento a disegnare l’ennesima caricatura con un sorriso beffardo sul viso.

Le Pêle-Mêle, 19/1/1902

Note e riferimenti bibliografici
* La prima vignetta della serie Les Inventions du Pêle-Mêle fu realizzata da Arthur Perrier (28/3/1897). Una manciata di altre vignette di ispirazione analoga, intitolate genericamente “Les grandes inventions”, apparvero comunque saltuariamente sulla rivista già a partire dall’anno precedente, e precisamente dal 14 marzo 1896, con una vignetta di O. Vide-Riche.
Le citazioni da Le rire sono tratte da Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, a cura di Federica Sossi, Milano, Se, 1990 e 2008, p. 18 e p. 45. La citazione da Inventions nouvelles et dernières nouveautés è tratta da Gaston de Pawlowski, Nuove invenzioni e ultime novità, a cura di Antonio Castronuovo, Viterbo, Stampa Alternativa, 2015, p. 189.
Delle immagini presenti, quelle indicate come tratte da L’Illustré National sono state recuperate su Gallica dalle copie digitalizzate di Mémorial d’Amiens, una delle molte testate regionali che ne riproducevano per intero il contenuto. Sempre su Gallica sono disponibili le copie digitalizzate delle riviste Le Pêle-Mêle, La Caricature e L’Album Comique de la Famille, dalle quali sono state tratte quasi tutte le altre immagini.


La Caricature, 29/7/1899

L'Illustré National, 4/11/1900

L'Illustré National, 27/1/1901

L'Illustré National, 3/2/1901

L'Illustré National, 17/2/1901

Le Pêle-Mêle, 3/3/1901

L'Illustré National, 24/3/1901

Le Pêle-Mêle, 5/5/1901

L'Illustré National, 30/6/1901

L'Illustré National, 22/9/1901

L'Illustré National, 17/11/1901

L'Illustré National, 5/1/1902

L’Album Comique de la Famille, n° 5, 1902

L'Illustré National, 15/6/1902

L'Illustré National, 10/8/1902

L'Illustré National, 5/4/1903

L’Album Comique de la Famille, n° 109, 1904

L’Album Comique de la Famille, n° 114, 1904

Le Pêle-Mêle, 26/6/1904