13/06/24

Il tesoro del drago (racconto)


Ho letto il seguente racconto durante una delle ultime lezioni di questo anno scolastico, in due classi quinte, nascondendolo in un libro di fiabe come avevo fatto lo scorso anno per un altro mio racconto. Poco prima, durante l’intervallo, avevamo fatto a pezzetti il drago-poster creato per il capodanno cinese, prendendo ciascuno il proprio ritaglio da portare a casa, e avevamo poi distribuito tutte le stampe e i disegni rimasti appesi nell’aula, immaginando fossero una parte del misterioso tesoro del drago di cui parlano molte antiche fiabe.




Il tesoro del drago

La prova finale del percorso di studi, in una scuola di magia che aveva sede in una valle remota, consisteva nell’affrontare un drago dalle mille teste.

La mattina presto ogni alunno si travestiva da cavaliere, montava a cavallo e raggiungeva assieme ai suoi maestri i piedi della Montagna del Tempo, all’interno della quale viveva il drago addormentato. La montagna aveva mille caverne, e in ogni caverna c’era una testa del drago. Ma i piccoli cavalieri dovevano muoversi con cautela, non potevano fare troppo rumore né girovagare a caso. Ispezionavano con attenzione una caverna dopo l’altra, chiedevano di tanto in tanto consigli ai maestri, e a poco a poco si dividevano, finché ciascuno di loro, prima o poi, non si trovava davanti all’entrata di una caverna diversa da tutte le altre.

Se era ancora assieme ai compagni, quelli da dentro gli chiedevano come mai se ne stava lì fuori imbambolato, e quando uscivano scuotendo la testa, in cerca di un’altra caverna, vedendo che il suo corpo tremava, gli auguravano buona fortuna. Se era col maestro, il piccolo cavaliere, che fino a quel momento si era mostrato tanto coraggioso, gli confidava sottovoce che voleva rinunciare alla prova, che si sentiva smarrito o incapace di fare anche solo un passo, e allora il maestro faceva sì con la testa, o gli dava un colpetto sulla spalla, e poi gli domandava: «Ti ricordi come si fa a trovare, fra mille caverne, proprio quella che ti è stata destinata?». Allora il piccolo cavaliere rispondeva che la caverna giusta si riconosce subito perché dentro c’è la nostra paura più grande, e dentro nella caverna c’è la testa del drago che dobbiamo affrontare, e sotto la lingua del drago c’è un tesoro che ci aspetta.

Rimasto solo davanti alla caverna, ogni piccolo cavaliere entrava in punta di piedi, sguainava la spada e si preparava a colpire, mentre attorno calava un profondo silenzio. Dov’erano finiti tutti? Gli sembrava in quel momento di trovarsi in un sogno senza tempo o di essere il protagonista di un’antica storia, che forse il maestro stava leggendo a scuola mentre lui dormiva. Allora stringeva più forte la spada con entrambe le mani e tagliava la testa al drago. Alcuni lo facevano in silenzio, altri a occhi chiusi o dopo una preghiera, altri ancora dopo aver augurato al drago che la sua testa ricrescesse in fretta e più bella. Una volta tagliata, la testa del drago schiudeva la bocca, e sotto la lingua gocciolante di saliva rivelava il tesoro che aveva nascosto per molti anni.

Si dice che il tesoro di ogni cavaliere fosse soltanto una piccola sfera trasparente, che appena presa in mano mostrava ai suoi occhi una singola immagine, prima di dissolversi come rugiada. Si racconta anche che i cavalieri, dal momento in cui si ritrovavano fuori dalla Montagna del Tempo, alla fine della prova, per salutare i loro maestri, non osassero mai parlare di ciò che avevano visto. Molti che si erano immaginati un tesoro di pietre preziose dovevano essere rimasti delusi da quella strana scoperta, altri parevano addirittura sconvolti da ciò che avevano trovato, altri ancora temevano forse che le parole potessero dissolvere la memoria di quell’immagine evanescente.

Da allora, infatti, nulla sarebbe stato importante quanto custodire il segreto del proprio tesoro, come fino a quel giorno aveva fatto con pazienza e fedeltà il drago dalle mille teste. Solo così, in un futuro più o meno lontano, ciascuno di loro avrebbe potuto riconoscere sulla propria strada la presenza del destino, che secondo un antico proverbio, diffuso in quella valle remota, somiglia al volto sorridente di un drago che dorme.