18/01/23

Bambini e topi. Un testo raro di Italo Calvino


È stato pubblicato oggi su Repubblica il primo di una serie di testi rari di Italo Calvino, ritrovati e riproposti in occasione del centenario della sua nascita (1923). Vorrei approfittare della curiosa coincidenza del titolo col nome di questo blog per riportarne qui un estratto, e proseguire così il discorso sulla futurologia che in passato abbiamo già trattato assieme a due grandi maestri della fantascienza come Isaac Asimov e Stanislaw Lem, ma anche coi fumetti di Antonio Rubino e di Henri Avelot sulla scuola del futuro, e con alcuni cartoni animati dei primi decenni del secolo scorso. Buona lettura.


Bambini e topi ci domineranno

Italo Calvino

Fra vent’anni, se vivrò, sarò un vecchio: se penso alla vita tra vent’anni è naturale che mi domandi quale sarà la sorte dei vecchi. La vecchiaia oggi è più sicura e comoda di una volta, – dico in un senso pratico, materiale – e lo sarà sempre di più; ma i vecchi contano sempre meno, «significano» sempre meno. [...]

È probabile che in futuro il solco che divide la città produttiva dalla sempre più estesa anticittà del riposo senile si approfondisca; che nessuno osi più mettere piede nel mondo dei vecchi se non quando giunge per lui l’ora d’entrarvi per non tornare più indietro; e che l’immagine di questa sorta di al-di-là terrestre, continuamente affiorante e continuamente scacciato dalle coscienze, si carichi d’attributi straordinari, di poteri benefici o malefici. Forse allora ci sarebbero dei giovani che, nella loro ribellione al mondo dei padri, verrebbero a rifugiarsi nelle lande tabù del paese dei nonni, e vi farebbero perdere le loro tracce. Riapparirebbero in rapide incursioni che getterebbero la città nello sgomento, considerati da alcuni orde di predoni, da altri annunciatori d’una nuova legge che i vegliardi avrebbero elaborato nella loro contemplativa solitudine e trasmesso ai giovani fuggiaschi mediante misteriose iniziazioni.

Ecco che il riflettere sul futuro dei vecchi porta necessariamente a interrogarci sul futuro dei giovani; anzi, dei fanciulli e dei bambini, perché decisive saranno le esperienze di vita collettiva dell’infanzia: i riti d’iniziazione che marcano l’ingresso nella società saranno anticipati ai primi anni di vita.

Durante i prossimi vent’anni la vita della prima infanzia attraverserà i momenti più difficili nella storia del genere umano. Cancellata ormai da tempo l’immagine del padre, sbiadita l’immagine della madre (che torna a casa dal lavoro solo la sera), l’infanzia si libererà di molte occasioni di nevrosi e ne acquisterà di nuove. [...]

Dove staranno i bambini durante la giornata? Nidi e asili infantili – anche se costruiti in gran numero – saranno irraggiungibili per l’ingorgo permanente del traffico. La rete di giardini d’infanzia più modernamente attrezzata resterà quasi deserta, perché i bambini non potranno esservi accompagnati né dai genitori, già assillati ed esausti dal problema quotidiano di raggiungere i luoghi di lavoro e di tornare a casa, né da mezzi di trasporto collettivi, che non riuscirebbero a stazionare davanti alle case.

Il sistema di «lasciare i bambini a una vicina», praticato oggi da un gran numero di donne lavoratrici, s’estenderà al punto che in ogni caseggiato popolare ci saranno delle comari che per un compenso modico custodiranno bambini a centinaia, e non disponendo di spazi capaci di contenerli, li lasceranno dilagare in grandi branchi sul suolo pubblico, provocando blocchi stradali e devastazioni di supermercati. Come pastori che seguono un armento al pascolo, le comari interverranno solo in casi di estrema necessità per cercar d’arginare gli spostamenti del branco, che peraltro si muoverà secondo una sua imprevedibile autonomia e ostinazione. Sarà presto chiaro che se il bambino non abbandona il branco, è il branco stesso a proteggerlo meglio di qualsiasi tutore adulto. [...]

Forza della natura inarrestabile, queste moltitudini di pargoli si abbatteranno come sciami di locuste sulle mercanzie incustodite (i centri di vendita a self-service avranno completamente sostituito i piccoli negozi). Solo la musica potrà influire sul branco, attraendo in una direzione o allontanandolo con suoni sgradevoli; gli strumenti più usati saranno cimbali, sistri, raganelle, buccine, maracas. Ma alla sera, con la stanchezza e il sonno, basterà alle comari un flauto o uno zufolo per riprendere il sopravvento e trascinarsi dietro il codazzo sbadigliante.

Tutto un nuovo sistema d’apprendimento, un nuovo universo di credenze e d’immagini nascerà in queste quotidiane transumanze urbane, una nuova lingua (vi s’attuerà una prima fusione tra le ondate migratorie che da tutti i continenti convergono sulle metropoli), un nuovo modo di vedere il mondo, con la collettività dei coetanei come realtà prima, con lo stock sempre rinnovato delle merci come foresta e pascolo e perpetua primavera, con gli automezzi come bestie feroci.

Un solo animale dell’antica zoologia continuerà a imporre la propria immagine: il topo. I sistemi di derattizzazione sempre più micidiali avranno portato alla selezione d’una razza di topi resistenti a ogni mezzo di sterminio, forse immortali, che si riprodurranno incessantemente contendendo all’uomo il possesso della metropoli. La lotta per la sopravvivenza potrebbe sviluppare in quei roditori facoltà mentali superiori, tali da permettere loro d’allevare nel sottosuolo altri animali e impiegarli nella lotta contro l’uomo: serpenti, coccodrilli, piovre.

Come un tempo l’ululato dei lupi, gli uomini chiusi nelle case ascolteranno ogni notte tremando lo squittio di milioni di topi che si leverà più alto del rombo dei boeing e dei razzi, a promettere che il regno animale sconfitto risorgerà da sottoterra.

[Testo pubblicato il 21/12/1969 su Paese Sera, col titolo I bambini e la comare. Immagine: il pifferaio di Hamelin, cartolina di inizio ‘900]