03/10/18

[Altreletture] Pierini, Pinocchi e altri monelli


[La rubrica Altreletture è dedicata alla segnalazione di articoli reperibili in rete e novità editoriali.]

È uscito qualche mese fa Pierino Porcospino. Prima icona della letteratura per l’infanzia (Franco Angeli, 2018), volume monografico di Martino Negri dedicato allo Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann. Corredato da un ricchissimo apparato iconografico, il libro ricostruisce la storia e l’eccezionale fortuna di una delle più importanti figure della letteratura per l’infanzia, e ha il pregio di delineare una moltitudine di percorsi tematici e critici in grado di far luce sull’evoluzione dell’immaginario infantile dall’inizio dell’età moderna fino ai giorni nostri. 

Uno dei passaggi più interessanti del volume, riproposto sul blog di Topipittori, pone in relazione il personaggio di Pierino Porcospino col modello dell’enfant sauvage, “figura centrale nella riflessione pedagogica a cavallo tra Sette e Ottocento, nel passaggio dalla cultura pedagogica dell’Illuminismo a quella romantica, e figura cruciale […] per mettere a fuoco le contraddizioni insite nell’idea di educazione propria della cultura borghese, all’epoca dello Struwwelpeter in pieno sviluppo”. Più avanti, Negri scrive che Pierino Porcospino trae la sua forza iconica proprio dalla capacità di “evocare in una sola immagine una questione che sta al cuore dell’educazione, il conflitto tra natura e cultura […] che rimanda immediatamente all’immagine del bambino come creatura di soglia, tra infanzia ed età adulta […] ma anche tra selvatichezza e civiltà”.

Non manca ovviamente un capitolo dedicato alla ricezione dello Struwwelpeter in Italia, oggetto di un saggio dello stesso Negri pubblicato lo scorso anno su RSE (Rivista di Storia dell’Educazione) e scaricabile su questa pagina. Infine, come scrive Fernando Rotondo nella sua recensione al volume su L’Indice dei libri del mese, vale la pena “riandare al capitolo dedicato alle Struwwelpetriaden”, ovvero a quella messe pressoché incalcolabile di prosecuzioni, imitazioni, parodie e rifacimenti che hanno accompagnato la storia editoriale (e non solo) di Pierino Porcospino.


Il riferimento obbligato per questo genere di libri e prodotti ricercatissimi dai collezionisti, in Italia, sono le cosiddette “Pinocchiate”, cui è dedicato un recente saggio di Luciano Curreri, intitolato Play it again, Pinocchio. Saggi per una storia delle pinocchiate (Moretti & Vitali, 2017). Ciò che interessa maggiormente del volume, nota Luigi Preziosi in una recensione, “è il complesso di relazioni tra questa letteratura, sicuramente minore, e i momenti storici in cui le storie del burattino ricompaiono”. Il percorso di lettura proposto, così, diviene (anche) “un pretesto per dire altro, per contemplare da un punto di vista decentrato, ma ampiamente pervasivo, la storia del Novecento: letteraria, ma non solo, anche politica in senso ampio, del costume del Paese, del suo evolversi (o involversi), in una fittissima trama di relazioni, di connessioni, di rimandi ad altro, di allusioni a quello che siamo stati, per un breve periodo o per un secolo”.

Figura per molti versi accostabile a quella di Pinocchio è poi quella di Gian Burrasca, protagonista di un bell’articolo di Manuela Trinci pubblicato sulla rivista Gli asini (Gian Burrasca, le immagini di un monello immortale), che prende in esame le varie versioni illustrate della storia, a cominciare da quella accompagnata dai disegni dello stesso Vamba, comparsa sul Giornalino della domenica dal 1907. “L’uso accorto dei disegni – come sostiene giustamente Antonio Faeti – distruggeva subito, nel ‘Giornalino’, l’ipotesi di una auspicabile dimensione ludica: le immagini servivano per imparare ed erano collocate laddove non potevano distrarre il lettore assolvendo piuttosto al compito di rinsaldarne l’attenzione. Creavano, in altre parole, sommessamente un programma visivo, un pensiero, un mondo immaginario, influenzato dalle figure o, per dirla con Calvino, si insinuavano, forgiandola, nell’immaginazione di tanti ragazzini inizio secolo.”

A un maestro di questa arte del disegno, Attilio Mussino, è stato dedicato un recente articolo di Felice Pozzo pubblicato su Rivista Savej. Attilio Mussino illustrò il celebre Pinocchio edito da Bemporad nel 1911, ovvero una delle più iconiche versioni del capolavoro collodiano (si tratta, sottolinea giustamente Pozzo, “della versione più nota, ricercata, ristampata e venduta”), ma firmò anche un gran numero di altri libri per bambini, storie a vignette per il Corriere dei Piccoli e cartoline.

Due dei tanti murales tratti dal Pinocchio di Mussino presenti a Vernante, un paese in provincia di Como dove l’artista trascorse i suoi ultimi anni di vita.