09/11/20

Una biblioteca grande come il mondo


È un pomeriggio di agosto del 2019, poco dopo l’ora di pranzo, quando una passeggiata nel parco di Ueno sotto il sole cocente mi porta all’ingresso della International Library of Children’s Literature di Tokyo, in un’area dall’impressionante densità di verde, templi buddhisti e musei di ogni genere (si va dall’arte antica del Tokyo National Museum a quella contemporanea del Tokyo Metropolitan Art Museum, dalle opere occidentali del National Museum of Western Art alla scienza del National Museum of Nature and Science).

Non mi è mai capitato di visitare una biblioteca interamente dedicata alla letteratura per bambini, e a dire il vero non so bene cosa aspettarmi, ma mi accorgo subito che il grande edificio che ho davanti non sfigura affatto neppure in mezzo a musei tanto maestosi. Inaugurata nel 2000, la biblioteca si trova infatti nella storica sede dell’Imperial Library (1906), erede della più antica biblioteca nazionale giapponese fondata dal Ministero dell’Educazione nel 1872, all’alba del periodo Meiji (1868-1912). In quello stesso anno veniva istituito in Giappone il sistema scolastico moderno, e l’obbligo di istruzione elementare prefigurava lo sviluppo di una nuova generazione di lettori che sui banchi di scuola sarebbero stati formati anche attraverso letture occidentali.

Il cortile è deserto, come la strada da cui provengo. Non ci sono le file di persone che ho visto accalcate intorno ai musei, e nella quiete degli alberi e del primo pomeriggio mi accompagna l’impressione di un tempo sospeso, che associo al ricordo di certi castelli fiabeschi o arturiani, dove il cavaliere di turno è attratto da un secolare incantesimo che ignora. Un gruppetto di bambini di pietra, nella scultura di fronte al palazzo (opera di Ogura Uichiro), commemora Koizumi Yakumo, alias Lafcadio Hearn (1850-1904), scrittore di origini greche e irlandesi a cui dobbiamo numerosi studi ancora oggi fondamentali per la comprensione della cultura giapponese, e che proprio in Giappone, dopo una vita in giro per il mondo, trovò la sua casa.



Penso alla strana storia di Urashima Tarō, condotto da una tartaruga nel Palazzo del Drago in fondo all’oceano e poi tornato invano a trovare i suoi genitori al paese natale, perché i pochi anni che ha trascorso nell’oltremondo corrispondono a secoli nel mondo ordinario. Una delle prose più suggestive di Lafcadio Hearn, The Dream of a Summer Day (1895), scorge nella nostalgia dell’infanzia il segreto del fascino universale di questa antica leggenda, diventata a cavallo tra Ottocento e Novecento una delle fiabe giapponesi più popolari tra i bambini, ma della quale anche in altri paesi si tramandano versioni locali. In Irlanda è Oisín nel Tír na nÓg, ovvero nella Terra dell’Eterna Giovinezza, e in Romania una magnifica storia intitolata Giovinezza senza vecchiaia e vita senza morte; nelle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino è la variante veronese Il paese dove non si muore mai, mentre in America ha ispirato l’enigmatico racconto Rip Van Winkle (1819) di Washington Irving. Lafcadio Hearn trascorse l’infanzia a Dublino, abbandonato da entrambi i genitori, e dopo aver vissuto in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti e nella Martinica approdò infine in Giappone: difficile pensare a una figura altrettanto rappresentativa del cuore giapponese e dell’anima cosmopolita di questa biblioteca.

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