27/07/18

Sulle tracce della protofantascienza (estratto)


[Estratto dalla prefazione a Gaspare Freddi, Il pianeta Venere e i suoi abitanti - Gli abitanti di Marte, Cliquot, 2018]

Lo scandaglio di quella terra incognita che è la protofantascienza italiana, secondo la metafora con cui Gianfranco de Turris definì la narrativa avveniristica a cavallo tra Ottocento e Novecento, è affare piuttosto recente e ancora in corso d’opera. Lo stesso de Turris, coadiuvato da Claudio Gallo, raccolse nel volume Le aeronavi dei Savoia (2001) un’antologia utile per tracciare una prima mappatura del campo, delimitando l’orizzonte temporale fra due estremi: da un lato il termine ante quem del 1952, anno in cui nelle edicole italiane fecero il loro esordio le riviste “Scienza Fantastica” e “Urania”, e su quest’ultima Giorgio Monicelli coniò il termine fanta-scienza; dall’altro il 1891 cui risale il più antico racconto protofantascientifico rintracciato sulle pagine di “La Tribuna illustrata”, supplemento che sul finire del XIX secolo rifletteva l’emergere di un nuovo modello di pubblicazione popolare e ad ampia diffusione.

Posto che l’origine di alcuni topoi fantascientifici può essere indagata in ottica comparatistica alla luce di fonti ben più remote, passando dal resoconto parodico di un viaggio sulla Luna nella Storia vera di Luciano di Samosata (II secolo d.C.) alla secolare tradizione letteraria dell’utopia, è con l’età moderna che comincia a prendere corpo la fantasia scientifica e tecnologica di un altrove connotato in senso spaziale (nell’immagine di altri corpi celesti visitabili) o temporale (nell’idea di un futuro passibile di immaginazione). Diversi esempi notevoli apparvero già nel Seicento e nel Settecento, a seguito delle rivoluzioni fisiche e astronomiche, sotto forma di scritti divulgativi, racconti filosofici e prose satiriche a firma di autori come Keplero, Bacone, Swift e Voltaire, ma il filone “fantastico scientifico” conobbe uno sviluppo cruciale in ambito romanzesco solo nell’Ottocento, ovvero nell’età delle grandi rivoluzioni industriali, delle prime applicazioni dell’energia elettrica, dell’evoluzionismo e del positivismo.

Incisione di François Pannemaker su disegno di Henri de Montaut, per Jules Verne, De la Terre à la Lune (1865)

I due maestri indiscussi dell’epoca furono il francese Jules Verne, che dalla metà del secolo firmò numerosi romanzi scientifici e avventurosi ma anche opere più specificamente ascrivibili al filone protofantascientifico, come Dalla Terra alla Luna (1865) e il suo seguito Intorno alla Luna (1870), e il britannico H. G. Wells, che in romanzi come La macchina del tempo (1895) e La guerra dei mondi (1897) diede vita a suggestioni destinate a influenzare in modo ancora più decisivo l’immaginario della fantascienza nei decenni a seguire.

Tra le opere che conobbero una risonanza maggiore meritano una menzione anche il romanzo Guardando indietro (1888) dell’americano Edward Bellamy, dove un sonno più che centenario trasporta il protagonista nel futuro di un’utopia socialista, e gli scritti del francese Camille Flammarion, astronomo che nella seconda metà dell’Ottocento utilizzò l’immaginario cosmico sia in sede di divulgazione scientifica, sia all’interno di narrazioni fantastiche. Altri autori meno celebri consentono poi di ricostruire in modo più preciso una genealogia del filone. Al francese Félix Bodin, nella prefazione del suo Le roman de l’avenir (1834), si attribuisce la prima riflessione programmatica sulla necessità di sviluppare un nuovo tipo di romanzo “futuristico” dove il divenire temporale fosse oggetto di una rappresentazione plausibile. L’americano Edward Page Mitchell, sulle pagine del “New York Sun”, pubblicò invece a partire dal 1874 svariati racconti che anticiparono molti motivi fantascientifici, come quello del viaggio nel tempo per mezzo di un dispositivo tecnologico.

[Continua]

Illustrazione di Warwick Goble per la prima edizione in volume di H. G. Wells, The War of the Worlds (1898)


[In copertina: “Fin du Monde. Souvenir du 19 Mai 1910”, cartolina messa in commercio nel 1910, in occasione del passaggio della Cometa di Halley]