22/01/15

Le metamorfosi di Oswald the Lucky Rabbit


Nel 1927, un anno prima dell’esordio di Mickey Mouse, Walt Disney creò con la collaborazione di Ub Iwerks il suo primo personaggio di fantasia degno di figurare come protagonista in una serie di cartoni animati: Oswald the Lucky Rabbit.

La serie segnò per Disney un significativo passo in avanti rispetto alle Alice Comedies (1923-1927), dove un’unione non troppo riuscita di riprese dal vivo con sequenze disegnate serviva a rappresentare le avventure di una bambina in carne ed ossa in un mondo fantastico: fondata unicamente sulla tecnica del disegno animato, essa introdusse un animale di fantasia e dalle fattezze antropomorfe come personaggio protagonista (sul modello del Felix the Cat di Pat Sullivan, che già aveva ispirato a Disney il gatto Julius nelle Alice Comedies), concedendogli un rilievo molto più marcato nelle storie di quello che a suo tempo ebbe Alice.

La serie, inoltre, poté godere di una vasta diffusione nelle sale e di una capillare promozione pubblicitaria grazie al contratto firmato da Walt Disney e Charles Mintz (responsabile della distribuzione dei cartoni Disney) con la Universal, in quel periodo alla ricerca di un nuovo personaggio animato da lanciare. L’ideazione di Oswald incontrò però alcune difficoltà iniziali, che riguardarono soprattutto la definizione dell’aspetto e del carattere da attribuire al personaggio. La prima campagna pubblicitaria della Universal presentava un Oswald completamente diverso – a cominciare dal pelo bianco – da quello che a breve avrebbe fatto la sua comparsa nei cartoni di Walt Disney.

Una pubblicità diffusa dalla Universal per sponsorizzare Oswald the Lucky Rabbit.

Il primo cartone della serie ad essere realizzato nel 1927, Poor Papa, ricevette giudizi estremamente negativi da parte di Charles Mintz e dei responsabili della Universal, e per questo motivo non venne distribuito. Il cartone, che vedeva Oswald nei panni di un papà riluttante pronto ad imbracciare un fucile per impedire ad uno stormo di cicogne di riempirgli la casa di coniglietti, venne giudicato lento di azione, ripetitivo e poco divertente. Lo stesso coniglio protagonista, osservò Mintz, stentava ad emergere a causa dell’elevato numero di personaggi che occupavano la scena, e del resto pareva troppo grasso e trasandato per poter risultare simpatico al pubblico. Cogliendo l’invito di Mintz, Disney convenne che il coniglio poteva senz’altro essere «più giovane e più sveglio, vivace, effervescente e avventuroso, nonché di aspetto più curato e distinto». L’anno seguente, forte del successo ottenuto dagli altri cartoni di Oswald, Poor Papa sarebbe stato distribuito, e a distanza di qualche anno Disney ne avrebbe tratto un remake con Mickey Mouse (Mickey’s Nightmare, 1932).

Poor Papa (real. 1927; distr. 1928)
Trolley Troubles (1927)

L’esordio ufficiale di Oswald, nel frattempo, giunse con Trolley Troubles (1927), cartone ispirato alla striscia a fumetti Toonerville Folks – creata nel 1913 da Fontaine Fox – dove Oswald è un conducente di tranvai impegnato ad affrontare uno spericolato percorso acrobatico su rotaie simili a quelle di un ottovolante. Questo primo cartone presenta già alcuni degli elementi caratteristici della serie: un’ambientazione genericamente campagnola; la comparsa frequente di mezzi di trasporto in movimento e di animali buffi; una comicità giocata sul nonsense ed in particolare su gag che chiamano in causa il corpo di Oswald, in grado di allungarsi e di scomporsi a piacimento. In Trolley Troubles, così, il coniglio può staccarsi un piede per grattare la schiena e riattaccarlo senza problemi, e nel secondo cartone distribuito, Oh Teacher (1927), addirittura perdere la testa a seguito di un pugno e vedersela rimbalzare di nuovo al suo posto. In questo secondo cartone tornano l’ambientazione campagnola e il motivo dei mezzi di trasporto (qui uno scuolabus e un sidecar a pedali), mentre per la prima volta è introdotta una dinamica amorosa – destinata a diventare un’altra costante della serie –, con Oswald che corteggia una coniglietta contendendola ad un gatto rivale.

Ulteriori innovazioni sul motivo del nonsense compaiono nei cortometraggi successivi: animali buffi che diventano surreali mezzi di trasporto – come la mucca meccanica in The Mechanical Cow (1927) o il bassotto che vola sostenuto dai palloncini in The Ocean Hop (1927) –; oggetti inanimati che si animano di colpo e assumono insospettabili sembianze antropomorfe – come l’hot dog in All Wet (1927) –; ibridi prodigiosi che nascono dalla commistione di natura e tecnica – come gli alberi dotati di rubinetti che producono sciroppo d’acero in Tall Timber (1928).

The Mechanical Cow (1927)
Tall Timber (1928)

In questi primi cartoni animati si delinea l’immagine classica di Oswald, caratterizzata da una stilizzazione del corpo esclusivamente ottenuta con linee curve, a cominciare dalle lunghe orecchie, da un aspetto più infantile e grazioso rispetto al coniglio concepito in origine, e da un’indole vivace ed impulsiva. Altra caratteristica peculiare di Oswald è la sua estrema versatilità, tale da permettergli di ricoprire una varietà di ruoli molto eterogenea: dal papà in assetto di guerra in Poor Papa al conducente di tranvai in Trolley Troubles, dallo scolaretto innamorato e combattivo in Oh Teacher al baldo gestore di un chiosco di hotdog su una spiaggia in All Wet, dal pilota dilettante in The Ocean Hop all’autista di limousine in The Banker’s Daughter (per citare solo i cartoni realizzati nel 1927). Queste stesse caratteristiche (graziosità di aspetto, indole vivace e versatilità rappresentativa) si ritrovano l’anno seguente nel primo Mickey Mouse, creato da Walt Disney allorché Charles Mintz riuscì ad ottenere i diritti della serie Oswald The Lucky Rabbit, assicurandosi la collaborazione dell’intera squadra di animatori che aveva lavorato per Disney ad eccezione di Ub Iwerks. Ai ventisei cortometraggi di Oswald prodotti dalla Disney dal 1927 al 1928, così, se ne aggiunsero altrettanti prodotti dallo studio Winkler dal 1928 al 1929.

The Hunter (1931)
Nel 1929 la serie subì l’ennesimo passaggio di proprietà, quando Carl Laemmle, fondatore della Universal – che fino ad allora ne aveva curato la distribuzione – decise di ottenerne i diritti di produzione e ne affidò la realizzazione a Walter Lantz, che aveva già diretto con altri collaboratori alcuni cortometraggi di Oswald prodotti dallo studio Winkler. La collaborazione tra Lantz e la Universal si protrasse per tutto il decennio successivo e diede vita a ben 142 nuovi cortometraggi di Oswald. In questo arco di tempo l’aspetto di Oswald si modificò gradualmente, seguendo un’evoluzione paragonabile a quella compiuta negli stessi anni da Mickey Mouse: per prima cosa le sue zampe inferiori vennero accorciate e divennero sempre più simili a piedi umani; dunque Oswald incominciò ad indossare scarpe (a partire da The Navy, 1930), guanti (da Shipwreck, 1931) e una maglietta a maniche corte (da The Hunter, 1931); infine assunse tratti più infantili (una testa più grande, orecchie più corte) ed una fisionomia del viso maggiormente espressiva, in particolare grazie agli occhi più larghi e disegnati non più come puntini, ma con al loro interno le pupille. Nel corso degli anni, inoltre, le avventure del personaggio divennero un poco più composte e meno rocambolesche, pur senza intaccare l’estrema versatilità di Oswald nel ricoprire ruoli molto diversificati.

A sinistra l’Oswald di Walt Disney/Ub Iwerks; a destra l’Oswald di Walter Lantz.

Nel 1935, con la collaborazione di Manuel Moreno, Lantz decise di rinnovare la serie modificando in modo radicale l’aspetto di Oswald. Nello stesso anno i due artisti avevano realizzato per la serie Cartune Classics della Universal Fox and the Rabbit (1935), un cartone animato incentrato sulle disavventure di un coniglietto che per marinare la scuola si finge malato. La figura di questo coniglietto dal pelo bianco in salopette, a distanza di pochi mesi, venne riutilizzata con piccoli aggiustamenti per Oswald, che a partire da Case of the Lost Sheep (1935) sfoggiò il suo nuovo aspetto meno stilizzato e maggiormente realistico. Un’ulteriore modifica si ebbe con Happy Scouts (1938), cartone in cui il pelo di Oswald assunse una colorazione mista di bianco e grigio.

Fox and the Rabbit (1935)
Case of the Lost Sheep (1935)

The Egg Cracker Suite (1943)
Nonostante il rinnovamento grafico dell’aspetto di Oswald, l’introduzione di nuovi personaggi e la collaborazione di sceneggiatori di eccezione (come Charles Bowers, geniale attore e regista di commedie negli anni del cinema muto), la serie proseguì ancora per qualche anno senza particolare clamore – soprattutto se confrontata col Mickey Mouse di Walt Disney – e si chiuse nel 1938. Un ultimo cartone animato di Oswald, The Egg Cracker Suite, uscì a distanza di cinque anni, nel 1943, e fu tra i pochissimi realizzati a colori (lo precedettero soltanto Toyland Premiere nel 1934 e Springtime Serenade nel 1935 – entrambi fortemente ispirati all’immaginario disneyano delle Silly Symphonies). Qualche anno più tardi, infine, venne riservato ad Oswald un cameo in un altro cartone di Lantz, The Woody Woodpecker Polka (1951).

Toyland Premiere (1934)
Springtime Serenade (1935)

Oswald proseguì comunque la sua carriera come protagonista di alcune strisce a fumetti, la prima delle quali pubblicata nel 1935 sulla rivista New Fun (poi ribattezzata More Fun) della DC Comics. In questa striscia il pelo del coniglio è ancora nero, mentre sarà bianco e grigio nei fumetti successivi, pubblicati dal 1942 nelle serie New Funnies e Four Color della Dell Comics, dove Oswald compare assieme agli altri personaggi di Lantz – tra cui Andy Panda e Woody Woodpecker (Picchiarello) – e negli anni seguenti anche con due figli adottivi a carico!

La prima apparizione a fumetti di Oswald the Rabbit su New Fun (1, 1935).

Oswald the Rabbit (Four Color 894, Dell Comics, 1958)

In anni più recenti, dopo decenni di assenza e a seguito del recupero dei diritti da parte della Disney, la figura di Oswald è tornata all’attenzione del grande pubblico in ambito videoludico e cinematografico, comparendo tra i protagonisti del videogioco Epic Mickey (2010), del suo seguito Epic Mickey 2: The Power of Two (2012) ed in un cameo nel cortometraggio animato in 3d Get a Horse! (2013), nel quadro di un complessivo progetto di riscoperta delle origini del cinema di animazione disneyano e dei suoi primi “eroi”.


Bibliografia
L. Maltin, Of Mice and Magic. A History of American Animated Cartoons, New York, New American Library, 1987 [1980].
R. Merritt - J. B. Kaufman, Nel paese delle meraviglie. I cartoni animati muti di Walt Disney, Pordenone, Le Giornate del Cinema Muto - Biblioteca dell’immagine, 1992.


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