08/01/18

Futurologia animata d’epoca. Il caso di Paul N. Peroff


In un articolo precedente, a proposito del motivo delle macchine e delle invenzioni bizzarre nel cinema di animazione statunitense della golden age, avevo nominato tra gli altri un bel cortometraggio di Scrappy, diretto da Charles Mintz e prodotto dalla Columbia: The Great Experiment (1934).

La storia narra di uno scienziato pazzo che rapisce Scrappy e il suo fratellino, li sottopone a crudeli esperimenti e inietta loro il siero dell’eterna giovinezza. I due fratelli si ritrovano così catapultati nel 1990, dove in una grande città futuristica vedono strani velivoli e uomini che volano sorretti dalle eliche dei loro caschi. La loro breve avventura nel futuro prosegue con un inseguimento per salvare una bambina dalle grinfie di un losco personaggio, e ha termine quando i due si svegliano infine nel loro letto, rendendosi conto di avere sognato tutto quanto.

The Great Experiment (1934)

Sette anni prima dell’uscita di questo cartone, lo stesso tema della vita nel futuro era stato affrontato in un registro più burlesco e con trovate più eccentriche in Koko in 1999 (1927), un episodio della mitica serie “Out of the Inkwell” prodotta dallo studio Fleischer. Se nel cartone di Scrappy l’immagine del futuro è concepita soprattutto in termini aerei, ovvero a partire da modelli di velivoli e accessori per il volo avveniristici, in questo corto di Koko the Clown essa è rappresentata per mezzo di macchine strampalate e congegni meccanici di ogni genere, simili alle bizzarre invenzioni su carta di Rube Golderg e a quelle che in più occasioni avrebbero fatto la loro comparsa nei cartoni animati dell’epoca.

Nel mondo futuristico di Koko ogni minima azione quotidiana che l’uomo deve svolgere viene compiuta al suo posto da un’apposita macchina: si va dal braccio meccanico che lo spoglia dei suoi vestiti al “radio dresser”, un dispositivo a onde radio che lo riveste dipingendogli i vestiti sulla pelle, da una macchina dispensatrice di cibo che anticipa quella dei Modern Times (1936) di Chaplin fino a una macchina matrimoniale deputata a celebrare le nozze, opportunamente seguita da una macchina a forma di cicogna che fa le veci della procreazione. A risaltare, oltre all’ambiente asettico e quasi deserto, è una visione dell’uomo come burattino di un mondo iper-tecnologico, circondato da dispositivi che lo privano della più pallida parvenza di autonomia. La ciliegina sulla torta? Il pagliaccio non se la sente di diventare papà, e così finisce letteralmente fatto a pezzettini dalla novella moglie!

Koko in 1999 (1927)

Un altro cortometraggio animato degli stessi anni che tratta il tema della città (e della casa) del futuro è il tedesco Willi’s Zukunftstraum (Willi’s Nightmare, 1929?), diretto da Paul N. Peroff e prodotto da Heliophan. Un bambino di nome Willi, addormentatosi dopo aver letto un libro intitolato “La vita tra 1000 anni”, sogna di svegliarsi nel 2950 in una casa completamente meccanizzata, con braccia robotiche che lo aiutano a lavarsi, un distributore di colazioni e un globo di vetro che funge da ascensore nel grattacielo dove abita, composto di ben 125 piani. Raggiunta in volo la sua scuola a bordo di un piccolo aereoplano, Willi decide di marinare le lezioni (visualizzate dagli studenti su un enorme schermo, in collegamento video con un maestro alieno) per andarsene in giro per il mondo con una bambina; di ritorno a casa, però, non tarderà a ricevere una meritata punizione “automatizzata”. La morale della favola, riportata alla fine del cartone sia in tedesco che in inglese, è improntata a un sano e disincantato realismo: “In a thousand years… / It’ll be like today, / You’ll always be sad / After being gay!”.

Willi’s Zukunftstraum (1929?)

Il cortometraggio in questione, una rarità che di tanto in tanto viene riproposta nelle rassegne dedicate all’epoca del cinema muto, è una vera chicca per gli amanti degli antichi cartoni animati perché opera di un pioniere quasi dimenticato che lavorò sia negli Stati Uniti che in Germania. Le notizie biografiche su Paul Peroff sono scarse e lacunose, esattamente come i dettagli che riguardano la sua pur vasta produzione cinematografica. Sappiamo che Paul (Pawel) Nikolaus Peroff nacque il 18 marzo 1886 a San Pietroburgo, emigrò negli Stati Uniti prima del 1914, ottenne la cittadinanza americana e nel corso degli anni ‘20 cominciò la sua carriera da animatore. Nel 1927 fondò a New York uno studio di produzione (Peroff Pictures), ma in breve fu costretto dalla crisi a trasferirsi in Germania, dove lavorò per la Ufa-Werbefilm e fondò un nuovo studio (Atelier Peroff).

Willi’s Zukunftstraum è uno dei tanti cortometraggi animati che Peroff realizzò tra la fine degli anni ‘20 e l’inizio degli anni ‘30, e fa parte di una serie incentrata sul personaggio di Willi Schmierfink (Willi lo sporcaccione, ma il termine Schmierfink è pressoché intraducibile) di cui si conosce almeno un altro titolo (Willi Schmierfink’s Abenteuer, 1929?). Di ispirazione simile è la serie Die lustigen Streiche von Fritz und Franz (1936?), distribuita in pellicole da 16mm per la visione domestica e composta da cinque scenette burlesche con due ragazzini pestiferi come protagonisti (da non confondere coi quasi omonimi Fritz und Fratz di Johann Weichberger).

Alcuni fotogrammi da una scenetta di Fritz und Franz.
La relativa pellicola, come altre della serie, è stata messa in vendita su eBay.

Dopo aver lavorato in Germania per più di un decennio, Peroff si trasferì nuovamente negli Stati Uniti. Qui, ormai più che sessantenne, creò una delle prime serie di cartoni animati concepite per la televisione, significativamente intitolata Jim and Judy in Teleland, su una coppia di bambini – fratello e sorella – che entrando nello schermo del loro televisore riescono a teletrasportarsi altrove e a vivere un gran numero di avventure. I 52 episodi della serie, prodotti tra il 1949 e il 1950 dalla Television Screen Productions e dalla Film Flash Productions, vennero trasmessi per la prima volta sulle reti americane a partire dal 1953, e una seconda volta, con un titolo diverso (Bob and Betty in Adventureland), nel 1959. Soltanto uno di essi, l’ottavo, è disponibile oggi sul web.

Jim and Judy in Teleland (1949)

Si racconta che all’epoca molti bambini, volendo imitare le gesta di Jim e Judy, cercassero di entrare nei loro televisori, aspettandosi di venirne risucchiati proprio come accadeva nello show e suscitando nei genitori non poche preoccupazioni. Possiamo ipotizzare che proprio a partire da questa serie si siano sollevate per la prima volta polemiche in merito alla presunta funzione diseducativa dei cartoni animati trasmessi in TV? Quel che è certo è che l’importanza storica del programma, nella sua stretta connessione con l’immaginario televisivo allora nascente, non riguarda solo gli Stati Uniti. Jim and Judy rappresentò infatti una pietra miliare per la televisione giapponese, perché fu il primo programma televisivo straniero a essere trasmesso (nell’ottobre del 1955, col titolo Terebi Bōya no Bōken) e il primo a venire doppiato in giapponese, invece che sottotitolato.

Ai fini del discorso tracciato sopra è poi interessante notare come alcuni elementi caratteristici di questa serie risalgano agli anni in cui Peroff lavorò in Germania. Non sarebbe improprio considerare i due bambini di Willi’s Zukunftstraum, sia per la loro fisionomia che per la comune tendenza all’evasione avventurosa, come i veri precursori di Jim e Judy. Questi ultimi, è vero, sono stati protagonisti di una stagione unica e irripetibile, come espressioni di un immaginario direttamente legato al mezzo televisivo e al suo fascino, negli stessi anni in cui la diffusione delle TV nelle case statunitensi crebbe fino ad assumere le proporzioni di un fenomeno di massa (statistiche alla mano, dalle 44 migliaia di case fornite di TV alla fine del 1946 si passò alla fine del 1949 a 4,2 milioni di case, mentre nel 1952 si raggiunse il 50% del totale). Vent’anni prima, del resto, il viaggio di Willi e della sua compagna comprendeva tra le varie invenzioni futuristiche un maxischermo utilizzato a scuola per consentire un collegamento video dell’insegnante con i suoi alunni, ovvero qualcosa di analogo a tecnologie ben più recenti della televisione. In questo senso, pur essendosi risvegliato dal suo brutto sogno, il piccolo Willi ha davvero visto il futuro.


Consigli di lettura
Altri dettagli sulla vita e le opere di Paul N. Peroff si possono leggere nell’ottima monografia di Rolf Giesen e J. P. Storm sul cinema di animazione tedesco negli anni del Terzo Reich: Animation Under the Swastika. A History of Trickfilm in Nazi Germany, 1933–1945 (McFarland, 2012). Di più difficile reperibilità è un saggio di Jeanpaul Goergen interamente dedicato all’autore: Jeanpaul Goergen, Discovering Paul N. Peroff, “Animation Journal”, 6 (2), Spring 1998. Sulla ricezione della serie Jim and Judy in Teleland in Giappone: Jayson Makoto Chun, A Nation of a Hundred Million Idiots? A Social History of Japanese Television, 1953–1973, New York, Routledge, 2006.